Ciao, sono Georgiana, la mamma di Isabela
La mia storia di allattamento è lunga, quindi vi chiedo scusa in anticipo.
Sono rimasta incinta dopo 12 anni, quindi volevo informarmi il più possibile, e ho avuto la fortuna di fare il corso preparto con la migliore ostetrica del mondo. Alla domanda “quanto volete allattare?” io ho risposto “tre anni, a termine”. Allora l’ostetrica mi disse a termine può essere anche 5 o 6 anni, e pensai “che esagerazione, mica si può allattare un bambino che va a scuola“. Non avevo mai sentito nemmeno di un bambino di tre anni, figurarsi più grande. Poi è nata, non è stato amore a prima vista, anzi, mi sentivo sbagliata a fare la mamma, e avevo una figlia che mangiava h24, nel vero senso della parola, per i primi 4 mesi. Non ho avuto nessun aiuto dal pediatra, anzi, all’inizio avrei dovuto dare il LA perché era troppo piccola (nata a 41+4 di 2,920kg), dopo avrei dovuto dare il LA perché il mio latte era troppo grasso, mi aveva addirittura dato l’orario in cui dovevo allattare. E andavo sempre alla mia ostetrica per cercare confronto, non avevo la macchina, quindi camminavo per strada, sui mezzi con lei attaccata al seno, diventava cianotica in un minuto se toglievo la tetta, non vedevo l’ora di arrivare a 6 mesi, per poter rallentare un po’, invece mia figlia la pensava diversamente, non voleva nemmeno assaggiare, non era interessata al cibo, dopo un anno qualche assaggio, il primo piatto a due anni e mezzo, con una cresciuta perfetta, analisi del sangue perfetti. Però non parlava (vi risparmio le battute tipo se le togli la tetta della bocca, forse parlerà), quindi ho intrapreso il percorso NPI anche perché camminava sulle punte, e lì ho fatto cambiare l’idea a una psicoterapeuta sull’allattamento a termine, perché una mamma che allatta a termine, con un allattamento sano e senza ricatti lei non l’aveva ancora visto.
Pensava che un allattamento a termine fosse pieno di scene tipo “e basta con questa tetta, non ti sopporto più” o “se non stai buono, non ti do più la tetta”, che giustamente non ha nulla a che vedere con l’allattamento a termine e a richiesta, era meravigliata in senso positivo di quanto fosse indipendente a tre anni, e del fatto che in due anni che ci ha visto, nessuna scena di sconforto, mi lasciava sul corridoio come nulla fosse, a differenza dei altri bambini che non volevano stare senza un genitore, ci capivamo dallo sguardo.
Per il capitolo sonno, fino a 4 anni ha dormito quasi attaccata al seno, dopo di che ha dormito senza risveglio 12 ore, ha maturato il sonno a 4 anni, tutto normale, tutto fisiologico, aveva bisogno di contatto per poter dormire. Da quando aveva solo mesi, ho capito che c’era qualcosa che non andava con le sue gambe, quindi ho fatto controlli in ogni dove, dappertutto ricevevo la stessa identica risposta “la bambina sta bene, e lei che non la fa crescere tenendola in braccio, si capisce anche dal fatto che allatta ancora.
Poi a 5 anni e mezzo ho fatto l’esame genetico a mia figlia, e alle domande da prassi ”se e quanto ha allattato” ho risposto che allatto ancora, e mi ha sbalordito con una domanda “tipo coccola, o ancora beve latte”. E ho detto che le poppate sono nel vero senso della parola, e lui, come nulla fosse, mi disse signora, visto che ha una malattia genetica rara degenerativa, neurologica demielinizzante, l’allattamento probabilmente le ha salvato il primo intervento.
Ho solo ascoltato mia figlia, e lei che mi ha “detto” come fare la mamma.
Non mentirò mai che sto allattando, non perché è un vanto, ma perché il mondo deve vedere che un bambino allattato a termine non è meno indipendente di uno non allattato, e anche perché mia figlia deve capire che non fa nulla di male.