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Nella veste di IBCLC incoraggio le mamme ad allattare “a richiesta” poichè gli studi effettuati sulla lattazione dimostrano che è il modo migliore per garantire una produzione di latte adeguata rispetto alle esigenze del bambino.

Per comprenderne i motivi è necessario conoscere i meccanismi fisiologici della produzione del latte materno: subito dopo il parto, con il distacco della placenta, avviene un abbassamento repentino del progesterone e, di conseguenza, un innalzamento della prolattina. La prolattina è l’ormone che regola l’offerta di latte, ma non è il suo livello ad influenzare la quantità di latte prodotto. I primi giorni dopo il parto, infatti, vengono prodotti, sulla membrana basale degli alveoli mammari, i recettori per la prolattina. Il numero di questi recettori aumenta in misura maggiore se le poppate sono molto frequenti. Non è tanto il livello di prolattina a regolare l’apporto di latte materno (la funzione di questo ormone, infatti, è più permissivo che regolatorio)  ma la quantità di recettori che si sono sviluppati. Più recettori si sono formati più latte verrà prodotto.

Vi è anche un altro meccanismo che regola la produzione di latte, ovvero quello che vede la partecipazione di una proteina detta FIL (Fattore di Inibizione della Lattazione). Durante le primissime settimane la regolazione della produzione di latte è endocrina (ovvero sotto la spinta della prolattina), in seguito, in maniera graduale e sempre più esclusiva, la regolazione diviene di tipo autocrino (ovvero secondo un principio di domanda= offerta).

Dopo la poppata, la produzione di latte avviene molto velocemente, tant’è che, dopo un’ora, la mammella raggiunge uno stadio di pienezza di circa il 70/80%. Man mano che il seno si riempie, aumenta anche il livello del FIL. Il FIL serve a far rallentare ed eventualmente, a fermare la produzione di latte. Se il FIL raggiunge una concentrazione “media” (varia da donna a donna per motivi che spiegherò in seguito) e il seno viene svuotato in seguito alla poppata, la produzione si assesterà su quel livello. Se, per ipotesi, l’intervallo fra una poppata e l’altra si allunga, la concentrazione di FIL diverrà molto alta. Una concentrazione alta porta, non solo al forte rallentamento della produzione in quel momento, ma anche ad una diminuzione della produzione di latte in generale. Quando, invece, la poppate si fanno più frequenti, la concentrazione di FIL rimane bassa, inducendo un aumento della produzione di latte.

Poniamo ora l’attenzione sul meccanismo che regola la concentrazione di grassi nel latte materno, è assodato che, più una mammella è piena, meno grassi conterrà percentualmente il latte da essa prodotto. Il primo latte che esce dal seno  ha infatti una percentuale di grassi minore del latte che esce quando la mammella è semivuota.

Un’altro fattore molto importante è il grado di pienezza del seno in generale; generalmente il seno è molto più pieno alla mattina rispetto alla sera. Il secondo latte, spremuto la mattina, sarà quindi probabilmente, meno grasso del primo latte spremuto la sera quando il seno è meno pieno. Questo ci fa capire che i termini “primo latte” e “secondo latte” non determinano in maniera univoca un certo tipo di latte, con una determinata percentuale di grassi, ma è solo un termine generico che ha un significato concreto solo se preso in considerazione con altre variabili (pienezza del seno, momento della giornata, numero di poppate nelle 24h etc…).

 

Lo studio di questo meccanismo ci fa comprendere due cose fondamentali:

– la necessità di permettere al bambino di finire di poppare almeno ad un seno, prima di passarlo al secondo, in modo che riesca ad assumere anche il secondo latte, ricco di calorie.

– la consapevolezza che poppate più frequenti faranno assumere al bambino latte più grasso rispetto a quello che assume un bambino che fa poppate più distanziate.

 

Un ulteriore motivo per cui, un bambino che fa poppate più frequenti, riesce ad assumere complessivamente un latte più ricco di grassi è che, finita la poppata, il latte grasso è ormai a livello del capezzolo, perchè il bambino, col suo succhiare vigoroso, è riuscito a farlo scendere. Finita la poppata, il grasso tende a risalire, nascondendosi (sempre più, man mano che il tempo passa), nei dotti profondi del seno. Se le poppate sono frequenti, il latte sarà più miscelato rispetto a quando le poppate sono distanziate. Questo ci fa capire il perché sia importante che il numero di poppate sia frequente (di solito 8/12 nelle 24 h).

Un bambino può avere solo sete  e di conseguenza fare una breve poppata di soli 5/10 minuti, estraendo solo il primo latte, più “acquoso”, anche se aveva già “mangiato” un’ora prima. Un altro bambino può invece aver bisogno di crescere di più (magari perchè il suo patrimonio genetico gli impone di diventare alto due metri) e perciò, aumenterà il numero di poppate, stimolando la produzione di latte e assumendo latte più grasso. In un altro caso ancora, un terzo bambino può avere uno stomaco molto grosso ed avere la fortuna di avere una mamma con una grossa capacità di immagazzinamento del seno, questo bambino riuscirà a crescere benissimo anche con poche poppate al giorno, al contrario di un bambino con lo stomaco più piccolo che, per assumere la stessa quantità di latte, farà piccoli pasti più frequenti.

Alcune mamme, come ho accennato prima, riescono a produrre e contenere nel seno grosse quantità di latte, senza che si scateni una sovra produzione di FIL che rallenterebbe la produzione di latte in quel momento e la farebbe diminuire in generale. Altre mamme hanno invece una capacità di immagazzinamento inferiore; anche queste produrranno la quantità di latte necessaria al loro bambino, ma avranno necessità di svuotare più frequentemente il seno.

Nessuno può capire se un bambino ha bisogno di poppate più frequenti o meno, così come è impossibile, ad un esame obiettivo, determinare se una madre ha una grossa capacità di immagazzinamento o meno. Per fortuna, i bambini, sanno regolare da soli la produzione di latte secondo i loro bisogni: popperanno più o meno spesso a seconda del loro appetito, del loro bisogno di crescere più o meno velocemente e rispetto alla sete che hanno. Se per qualche motivo la produzione è un po’calata, popperanno più frequentemente qualche giorno per poi tornare ad un ritmo meno intenso.

Per tutti questi motivi, è facile comprendere come un allattamento ad orario, predisposto a tavolino, può avere successo in alcuni casi, ma determina il fallimento dell’allattamento in moltissimi altri.

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